Il Meeting di BABELE. La comunità terapeutica democratica nel mondo, oggi

Global Virtual Event 

Il Meeting di BABELE. La comunità terapeutica democratica nel mondo, oggi

Un momento di incontro e condivisione sul periodo che stiamo attraversando nei diversi angoli del mondo e un’occasione per dialogare su interessi comuni da sviluppare in INDTC

COME PARTECIPARE

Il Meeting di Babele inizierà Venerdì 7 maggio 2021 alle 16,00 ora italiana (3 p.m. ora inglese) e sarà così strutturata:

16.00 – 16.35 Plenaria

16.35 – 17.00 Piccoli Gruppi

– 17.00 – 17.35 Plenaria finale con report dai gruppi.

La partecipazione è gratuita e per accedere è necessario scaricare la piattaforma Google Meet (con possibilità di sottotitoli).

Per iscriversi inviare email a:  admin@indtc.org

Utilizza il link della stanza virtuale di Google Meet (in basso) per accedere alla piattaforma:

Con la partecipazione da:

Albania, Canada, Croazia, Giappone, India, Inghilterra, Italia, Kazakistan, Portogallo, Turchia e USA

L'evento inizierà Venerdì 7 Maggio ore 16.00 ora Italiana

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«Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.»

(Gen. 11, 1-9)

La narrazione dà conto del perché gli uomini si divisero sulla Terra e la popolarono; nel contempo spiega mitologicamente l’origine delle differenze di linguaggio tra gli uomini.

Con il patrocinio di:

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III° INCONTRO Dialoghi Comunitari Democratici

III° INCONTRO Dialoghi Comunitari Democratici

Quali cambiamenti la pandemia da Covid 19 ha portato nella vita della comunità terapeutica democratica?

I Dialoghi Comunitari Democratici si configurano come occasioni di confronto, a cadenza periodica, tra esperienze nazionali e internazionali di comunità terapeutiche per adulti e per minori, servizi di salute mentale, ecc. sulle pratiche di cura delle persone con sofferenza mentale.

Protagonisti dei dialoghi sono le persone che “abitano” tali contesti (utenti, operatori, familiari). Essi, in uno scambio democratico e solidale, affrontano e raccontano la loro esperienza su temi proposti e sulla vita di comunità per contribuire alla diffusione delle prassi, della cultura e dei valori della democrazia e della dialogicità.

Format: 1 ora di dialogo comunitario democratico e 1 ora per interventi liberi e dialogici dei partecipanti.

 

La partecipazione all’evento è gratuita.

Per collegarsi è sufficiente scaricare sul pc o smartphone la piattaforma Zoom (gratuita) e cliccare il link presente sulla sezione come partecipare.

III° INCONTRO

Quando

venerdì 11 dicembre 2020 alle 11.00.

Facilitatori

Laura Liverotti e Luca Mingarelli

Comunità in dialogo

Comunità Sant’Antonio (Italia), Casa de Alba (Portogallo), Lilias Gillies House (Inghilterra), Mosaic (India)

COME PARTECIPARE

Utilizza il link per accedere alla piattaforma:

https://us02web.zoom.us/j/3121581543

*eventualmente utilizza questo ID riunione 312 158 1543

Tematica del III° incontro del 11 dicembre 2020 è:

Quali cambiamenti la pandemia da Covid 19 ha portato nella vita della comunità terapeutica democratica?

  • Come il servizio promuove il protagonismo dei pazienti?
  • Come si occupa delle famiglie degli utenti?
  • Come sviluppa l’inclusione socio-lavorativa?
  • Come si prende cura del gruppo dei curanti?
  • Come lavora con le cooperative sociali e con le associazioni del territorio?

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The 42nd Annual Conference of The Consortium for Therapeutic Communities (TCTC), i nostri contributi

The 42nd Annual Conference of The Consortium for Therapeutic Communities (TCTC), i nostri contributi

Marino De Crescente, il lavoro chiave durante il covid

In questo intervento vorrei parlare di possibili elementi del lavoro chiave nelle comunità durante i partendo dal mio lavoro di supporto come supervisore nelle comunità terapeutiche durante l’emergenza Covid.

Innanzitutto vorrei brevemente descrivere in poche righe la situazione che hanno attraversato le comunità terapeutiche in questi mesi anche per poter immaginare e predisporre di quali strumenti ha bisogno la comunità terapeutica per affrontare la seconda ondata del Covid .

In Italia , a causa dei decreti emessi dal governo le comunità terapeutiche sono state equiparate alle strutture residenziali per anziani, che come ha riportato la cronaca, sono state inizialmente la maggiore fonte di contagio e , a causa dell’età dei residenti e delle patologie pregresse:  strutture in cui si sono contati il maggior numero di  persone poi decedute. 

Questa omologazione ha comportato gravi disagi nelle comunità terapeutiche poiché comprensibilmente le comunità ospitano pazienti relativamente giovani che  hanno esigenze e bisogni relazionali e quindi sociali estremamente diversi dagli anziani nelle case di cura. Gli ospiti delle comunità hanno dovuto infatti interrompere per lunghi mesi ogni interesse e attività esterna alla comunità , come la formazione, il lavoro, gli hobbies e ogni relazione sociale, comprese quelle con i propri famigliari. L a situazione che si è creata è divenuta analoga a quella dei vecchi Manicomi in alternativa e contro i quali sono nate in Italia le comunità terapeutiche.

Anche gli operatori hanno dovuto limitare i propri rapporti sociali sotto il peso della responsabilità di non diventare portatori del virus in comunità e hanno dovuto sottostare a continui e periodici controlli tramite tamponi e test sierologici 

A questo riguardo queste misure molto limitative degli spostamenti di tutti hanno fatto in modo che le comunità si siano rivelate le strutture più sicure del comparto sanitario italiano non registrando particolari criticità dal punto di vista medico.

Le cose sono andate diversamente, a mio parere,  dal punto di vista psicologico: un numero significativo di pazienti ha infatti abbandonato il percorso terapeutico e molti operatori negli ultimi mesi hanno iniziato a soffrire dei sintomi di un disturbo post- traumatico da stress proprio quando , durante l’estate, con l’allentamento delle misure restrittive, c’è stato un abbassamento della tensione ed è comparso una sorta di effetto Rebound. 

Si può dire che ,come la popolazione in generale,  essi hanno iniziato a mostrare i sintomi di un “trauma collettivo”.

E allora tornando al tema del mio intervento qual’e’ il lavoro chiave che il team deve svolgere durante il ritorno dell’emergenza Covid ? : è una questione determinante per me che spesso vengo chiamato direttamente a lavorare sulle questioni centrali dello staff e non solo su quelle dei pazienti.

Facendo riferimento a quanto afferma  Bob Hinshelwood ovvero “I processi e le dinamiche mediante i quali si evita l’ansia devono essere ciò su cui  primariamente si focalizza l’attenzione del supervisore”(Pag.197, 1997) direi che gestire e  abbassare il livello dell’ansia, se non dell’angoscia dettata dalle circostanze ( Covid) è il primo compito dello staff : infatti un clima comunitario condizionato dall’ansia è il clima meno favorevole a consentire il corretto svolgimento dei programmi  e dei processi terapeutici.  Se non lo si è provato è difficile comprendere il grado di esaurimento emotivo e le difese abnormi contro l’angoscia  e in generale il grado di esasperazione di chi lavora in comunità terapeutica: il legittimo sentimento degli operatori, in alcuni momenti della vita istituzionale , di voler essere  altrove, in qualsiasi posto pur di non essere in comunità.

La Comunità infatti sotto la spinta dell’ansia può facilmente andare incontro ad un accumulo di “residui” non elaborati che generano disfunzionalità del compito. Tanto maggiore è il deposito emotivo non elaborato, tanto più risulterà obliterata la possibilità dei partecipanti di comunicare tra loro, e tanto maggiori saranno i fenomeni patologici di gruppo.

 Da quanto  affermato si comprende che un altro dei compiti dello staff durante il periodo Covid  è quindi mantenere massima attenzione al compito primario e non cadere vittima di una ansia ingestibile. 

Un altro elemento importante a mio parere è quello di tentare di evitare in ogni modo le tendenze ad una coesione antiterapeutica del gruppo comunità.

La narrazione presente in alcune comunità durante la prima ondata del Covid era infatti quella che l’isolamento obbligato aveva tuttosommato creato un buon clima solidale e una buona coesione del gruppo ospiti-operatori o leaders e followers in generale , e che successivamente questa atmosfera era andata distrutta alla fine dell’isolamento, nella pausa estiva in cui i contagi erano diminuiti,  quando, in una certa misura, era stato possibile ripristinare, con le dovute cautele, gli ordinari rapporti famigliari e sociali. Sembrava addirittura che l’isolamento in generale avesse avuto la capacità di migliorare le condizioni degli ospiti e dei rapporti tra questi e lo Staff e che questa intesa fosse andata immediatamente perduta con la riapertura delle comunità all’esterno. 

Pur essendo tutti consapevoli delle restrizioni e del malessere creato dalla “ chiusura” 

non era difficile intuire il sentimento diffuso negli operatori che “ si stava meglio quando si stava peggio”. 

Mi è parso di intuire in questo sentimento, espresso spesso all’unanimità, una chiara forma di coesione antiterapeutica del gruppo comunità. E’ abbastanza evidente che una chiusura autoreferenziale durata alcuni mesi, senza il lavoro con le famiglie, senza il contributo della ricchezza della vita sociale , avrebbe potuto nel migliore dei casi creare uno stand by del processo terapeutico, ma difficilmente un suo miglioramento. 

Al  fine del nostro discorso, credo torni utile  un concetto creato da Foulkes di Matrice del gruppo. Con questo termine egli indica una rete coesiva di comunicazione nella quale sono impegnati tutti i membri del gruppo. Egli distingue due principali differenti matrici del gruppo: la matrice “fondamentale” del gruppo ( dal carattere generico) cioè i valori e gli atteggiamenti che i membri portano con se dalla precedente socializzazione nella famiglia e nella società , e la “matrice dinamica”, che è la rete di gruppo creata artificialmente , estranea ma potenzialmente  molto intima .  Questult’ulima per Foulkes  costituirebbe il campo in cui avvengono i cambiamenti.

In riferimento al nostro discorso, non è forse errato affermare che durante il primo Lockdown sia avvenuta una sospensione della “matrice dinamica” ( quella terapeutica del cambiamento ) e questa sia stata sostituita da quella “fondamentale” e originaria. In questo senso al processo terapeutico orientato al cambiamento è stato sostituito quello molto più rassicurante del contenimento della paura di un agente esterno (il virus). Il gruppo ha optato quindi per un assetto dal carattere difensivo che se ha tutelato tutti i membri dalla paura della contaminazione diffondendo un  sentimento di solidarietà,  ha reso latenti però tutti conflitti nel gruppo, e insieme a questi tutti i processi di elaborazione più  profondi che stanno alla base della dinamica del cambiamento. In alcune comunità la coesione antiterapeutica difensiva si è a volte concretizzata nella creazione di una  fenomenologia ben descritta da Bob Hinshelvood come dinamica della montagna incantata o della comunità come paradiso.  

Oltre a ciò è risultato inoltre evidente che i problemi lasciati inevasi durante l’ emergenza si siano riproposti in modo accentuato , in estate,  al primo allentamento delle misure prese per far fronte all’emergenza stessa, e che conseguentemente si sono riproposti  in modo accentuato vecchie divisioni e scissioni tra gruppo pazienti-operatori o all’interno dello stesso Staff dimostrando quanto precaria e antiterapeutica era quella coesione . E’ chiaro, anche sulla scorta dell’esperienza appena trascorsa che la creazione di quelle dinamiche andrebbe attivamente evitata.

Uno dei più recenti principi teorici della comunità è l’intensività dell’intervento che a va mantenuta ad ogni costo ed in ogni circostanza. A questo fine gli interventi che vanno messi in opera tempestivamente sono quelli atti a dare continuità  al contenitore istituzionale tramite un sostegno emotivo allo Staff .  La Supervisione istituzionale dove questa è stata interrotta o è del tutto assente , costituisce la condizione necessaria ma non sufficiente a dare stabilità al contenitore istituzionale. A questo intervento infatti sarebbe bene aggiungere gruppi volti alla migliore gestione degli aspetti emotivi dello staff  ed inoltre gruppi dedicati al sostegno dell’io professionale degli operatori. 

Questi interventi, che dovrebbero essere considerati in una situazione di ordinaria operatività, divengono in una situazione di emergenza  conditio sine qua non per mantenere in piedi il compito primario dell’istituzione che è mantenere il più alto grado di funzionalità ed empatia dell’equipe per la miglior  cura dei residenti e non la mera sopravvivenza dell’istituzione stessa.

Ma allora alla luce dell’esperienza appena trascorsa , oltre all’evitamento della creazione di quelle dinamiche cosa fare?  Facendo riferimento al titolo molto esplicativo di una giornata di Studio del 22 settembre dal titolo “Ri-fare comunità al tempo del covid-19”  ,organizzata dall’associazione italiana  per le comunità terapeutiche Mito e Realtà  io credo che una risposta sia contenuta nella storia stessa delle comunità , fin quasi dalla loro nascita scientifica ovvero per ri-fare comunità  le comunità devono in queste circostanze recuperare  alcuni dei loro principi fondativi che corrispondono direttamente ai valori democratici ovvero: Il comunitarismo , le democrazia, la tolleranza ma anche il confronto con la realtà  con  questa emergenza,  e non ultimo, la cultura dell’indagine (culture of inquiry) . A questo proposito una collega, Ilaria Persiani , ha scritto : 

“ Crediamo che sia centrale per ripartire e rifare comunità coltivare il sentimento interno di essere comunità, attraverso lo strumento dell’osservazione, delle dinamiche personali, dei movimenti gruppali, delle appartenenze e delle distanze. In secondo luogo e’ molto importante coltivare i diritti di cittadinanza, all’interno di un sentimento di apparternenza che puo far si che si possa rinunciare a qualche diritto, in virtu’ di un progetto comune in cui ci si riconosca parte attiva per la limitazione della diffusione del virus”.

Da quanto qui affermato risulta chiaro che tutti gli sforzi e le risorse della comunità  andrebbero volti principalmente a mantenere tutte le caratteristiche principali del dispositivo terapeutico ovvero principalmente la salute mentale dei singoli operatori e del gruppo  curante  tramite la comprensione delle forti ansie che lo attraversano, la sua capacità di gestire  e mantenere una coesione non difensiva e dal carattere terapeutico  salvaguardando  le qualità empatiche del contenitore istituzionale verso la creazione e il mantenimento di un clima ambientale che risulti nell’insieme terapeutico per gli ospiti. 

Salvatore Caminita, assistente sociale della REMS

Con il mio intervento volevo solo sottolineare il valore che ho potuto trovare nell’applicazione del modello della comunità democratica che non si ferma, a mio parere, solo ad essere un ottimo modello trattamentale per i pazienti ma che è anche un ottimo strumento di empowerment per gli operatori.
L’approccio democratico nei gruppi, infatti, permette, tramite la condivisione delle proprie emozioni, di uscire al di fuori dei ruoli di operatore e utente, lasciando che entrambe queste persone in relazione possano raggiungere una maggiore consapevolezza di sé nel momento presente.
Essere presenti, come affermava l’antropologo De Martino, diventa la necessità dell’uomo di trovare un senso alla propria esistenza all’interno di un mondo dotato di senso.
Attraverso i modelli della comunità democratica, dell’open diaologue, dei gruppi multifamiliari ogni individuo ha la possibilità di rinarrare la propria esistenza, rileggendo in modo diverso il proprio passato, riattribuendo significati al proprio presente e potendo delineare un nuovo percorso di vita.

Rex Haigh, The story of indtc

Alessandra Borrello

Guardo una montagna, la cima, seguo il sentiero arrivo e il panorama con le meraviglie intorno sembra sempre lo stesso di mesi prima…

Mi guardo intorno però e vedo persone distanti, mascherine, occhi guardinghi ….

Il coronavirus e l’effetto post-pandemia hanno esasperato alcune dimensioni emozionali del contesto in cui viviamo (ad es. l’ansia, la pericolosità del contatto/intimità; il bisogno di possesso) e hanno probabilmente amplificato le difficoltà presenti in alcune specifiche situazioni cliniche psicopatologiche che fronteggiamo nel viaggio terapeutico con i nostri ragazzi in comunità.

Ritengo sia stato come dover rompere il cerchio della relazione madre angosciata-bambino che urla inserendo “il terzo” attraverso la quotidianità che cura.

E’ stato necessario fare fronte a questa grande crisi ripensando l’assetto organizzativo quotidiano.

La Fondazione Rosa dei venti si occupa di costruire percorsi e progetti riabilitativi per minori e adolescenti con disturbi della personalità.

Tra i vari servizi vi sono due Comunità: la Comunità Terapeutica a Casnate con Bernate (CO) e la CT ad alta intensità( e media 6 mesi permanenza) Plinia per le situazioni di adolescenti con patologie complesse, e sub e postacuzie, la quale si pone come una risposta efficace per il territorio Provinciale, Regionale e Nazionale(e anche ai vicini confinanti svizzeri). Io vi parlerò degli effetti del Covid sulla Plinia il cui compito primario è di accogliere, contenere e curare gli adolescenti con patologie complesse tramite la vita quotidiana attraverso brevi periodi permanenza.

Questa originalità dovrebbe alleggerire i costi economici ma anche emotivi di un ospite che va accompagnato a costruire un’alleanza tollerando di permanere 6 mesi in un luogo lontano dalla sua casa reale e affettiva.

Abbiamo inserito laboratori di igiene per spiegare 1 10 comandamenti COVID da seguire, laboratori di riflessione sul VIRUS per affrontare le fantasie e le ANSIE che aleggiavano tra i muri della comunità e tenere aggiornati gli ospiti, attività di muay thai per favorire un luogo adeguato all’espressioni di emozioni forti, per scaricare quella carica compressa e complessa che nasce dal dover tenere tutto dentro perché il fuori è poco sicuro, arteterapia ha permesso di lasciare il segno e lo spazio alla creatività.

La cura della protezione ha necessitato l’inserimento di attività all’interno del meraviglioso parco  di 30 ettari che circonda la villa Plinia in un’ottica differente rispetto al “prima”. Mai come in questi mesi la OPPORTUNITA DI AVERE COME RISORSA UN PARCO E LA SUA cura  ha voluto ANCHE essere una forma di ringraziamento e riparazione verso la natura che ci ospita, verso un mondo sfruttato senza sosta(climat change). La dimensione ludico ricreativa nei laboratori di attività terapeutica nel parco ha avuto l’intenzionalità del ri-scoprire “quello che si ha”, del partire dalle piccole cose cercando di pensare alla fatica di chi ha dovuto affrontare la pandemia in spazi molto più ristretti di quelli di Plinia. Abbiamo cercato di instillare un po’ di empatia nei nostri giovani ospiti mentre provavamo a spiegare perché un abbraccio poteva essere pericoloso. Sentivamo che dovevamo re-inventare i contenitori per proteggerci e per proteggere i nostri pazienti dal “troppo vicino, troppo lontano”.

Questo tempo di cambiamenti ci ha messo a stretto contatto l’uno con l’altro, l’incertezza dell’uno col timore dell’altro. La forza del legame, che quando è un legame “sufficientemente buono” e che funziona ha una funzione protettiva, è stata di sostegno e generativa durante tutta la fase 1. Quello che è cambiato è stato il peso del “tenere insieme”, del tollerare l’impotenza in misura maggiore di quanto ti aspetti in un lavoro che tratta quotidianamente le vite spezzate dei nostri ospiti che spesso tentano di ri-costruire la loro vita dopo un breakdown evolutivo. Il legame di gruppo ha mostrato la propria logica e cioè quella dell’assemblaggio delle menti sulla base delle relazioni d’oggetto di soggetti membri del gruppo. E’ stato come contaminarsi positivamente per non contagiarsi negativamente.

Siamo stati in grado, con non poche difficoltà individuali e gruppali, di produrre parola, cultura, pensiero e riflessione, tenere alto lo sguardo con l’idea condivisa di tentare a trasformare la crisi in opportunità. Come diceva Nietzsche “Ci saranno sempre pietre sulla strada davanti a noi. Saranno ostacoli o trampolini di lancio: tutto dipende da come li usiamo.” I nostri ospiti arrivano a volte in una condizione così arcaica che è necessario ripartire da zero con una modalità di nutrimento simile a quella dello svezzamento per non creare indigestione. Se ci si pensa, tutti abbiamo parlato tantissimo, perché sentivamo la necessità di dare senso a qualcosa che “un senso non ce l’ha”. 

QUI FORSE CHIUDERE CON UNA DOMANDA DEL TIPO FORSE: ORA AVENDONE AVUTO GIA EPSERIENZA CI STIAMO ATTREZZANDO PER AFFRONTARE AL MEGLIO LA RICADUTA , E CI E VI DOMANDIAMO COME FARE….

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I temi focalizzati in questa Working Conference sono: la capacità decisionale e l’assunzione di responsabilità.
È un modello di formazione che offre ai partecipanti un’opportunità di apprendimento diretto attraverso un breve periodo di convivenza in stile comunitario.

Apprendere dall’azione è la metodologia di questa formazione. Ciò significa che si esplorano altri linguaggi oltre quello verbale. Il focus di questa Working Conference è imparare a dare significato alle azioni come costituenti un altro linguaggio che veicola comunicazioni individuali e di gruppo non espresse a livello verbale perché inconsce o ancora poco elaborate per essere mentalizzate.
Questo dare significato all’azione diventa uno strumento di lavoro indispensabile non solo per le dinamiche presenti in qualsiasi gruppo, ma soprattutto per quegli aspetti che normalmente sono difficilmente verbalizzabili.

PREISCRIZIONI SENZA LA NECESSITÀ DI VERSARE CAPARRA (GRATIS) ENTRO 15 settembre E CONFERMA della partecipazione e pagamento ENTRO 1 ottobre

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L’evento si terrà il 26 settembre 2020 dalle 13.30 alle 17.00 totalmente in modalità distance.

Interverranno:

M. Vigorelli, R. Quintiliani, M. Benasayag, m. Biaggini, S. Borghetti, M. De Crescente, A. Poddesu e M. Lunardon.

Discussione con interventi brevi, di CT e di residenti, video di CT per minori e della CT il Porto

Per maggiori informazioni contatta:

347.9523441

 

Iscrizione Obbligatoria

II° INCONTRO Dialoghi Comunitari Democratici

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I Dialoghi Comunitari Democratici si configurano come occasioni di confronto, a cadenza periodica, tra esperienze nazionali e internazionali di comunità terapeutiche per adulti e per minori, servizi di salute mentale, ecc. sulle pratiche di cura delle persone con sofferenza mentale.

Protagonisti dei dialoghi sono le persone che “abitano” tali contesti (utenti, operatori, familiari). Essi, in uno scambio democratico e solidale, affrontano e raccontano la loro esperienza su temi proposti e sulla vita di comunità per contribuire alla diffusione delle prassi, della cultura e dei valori della democrazia e della dialogicità.

Format: 1 ora e 30 minuti di dialogo comunitario democratico e 30 minuti per interventi liberi e dialogici dei partecipanti.

 

La partecipazione all’evento è gratuita.

Per collegarsi è sufficiente scaricare sul pc o smartphone la piattaforma Cisco Webex (gratuita), cliccare sul link ed inserire la password.

II° INCONTRO

Quando

venerdì 24 luglio alle 10.00.

Facilitatori

Angela D’Agostino ed Angelita Volpe

Comunità in dialogo

DSM San Carlo Borromeo Milano (MI) – Salute Mentale Adulti Prato (PO) – MDSM Caltagirone-Palagonia (CT)

COME PARTECIPARE

Utilizza il link per accedere alla piattaforma:

https://indtc.my.webex.com/indtc.my-it/j.php?MTID=mf11c19533d92ae89a15232cd99e204fe

Password virtual room: dialogo

*eventualmente utilizza questo numero riunione 163 049 1736

Comunità in dialogo

Tematiche II° incontro del 24 luglio

Il dialogo comunitario democratico tra i servizi si centrerà sulle seguenti tematiche:

  • Come il servizio promuove il protagonismo dei pazienti?
  • Come si occupa delle famiglie degli utenti?
  • Come sviluppa l’inclusione socio-lavorativa?
  • Come si prende cura del gruppo dei curanti?
  • Come lavora con le cooperative sociali e con le associazioni del territorio?